Alcuni principi di base della psicologia individuale

A cura di Sophia De VRIES

Ci sono stati molti dibattiti sulle differenze fra le varie scuole di pensiero in psicologia, e chiunque dotato di una mente analitica può facilmente scoprire le differenze, le divergenze o le similarità.

Possiamo definire una scuola di pensiero come un’entità i cui principi dovrebbero essere profondamente studiati e capiti, e la parte più importante è capire, in sintesi, la correlazione tra i diversi principi.

Di conseguenza, quanto parliamo dei principi di base della Psicologia Individuale, dovremmo evocare nel lettore un tipo di comprensione sintetica, attraverso la quale collegare un pensiero dopo l’altro e pensare in termini di movimenti piuttosto che di portata.

Il Nome “Psicologia Individuale”, dato da Adler al suo costrutto psicologico, è stato fonte di incomprensione. Il significato è: psicologia della personalità unica e indivisibile. In questo contesto Adler ha espresso l’idea che l’unicità di un essere umano  è irripetibile e che egli deve essere capito come unità. Noi possiamo capire le parti soltanto attraverso il tutto.

Dal momento che il perfezionamento del nostro metodo di analizzare le parti non ha fine, anche il concetto di totalità non ha fine: Adler concepisce l’uomo come una totalità, che appartiene ad un insieme più grande, una parte del cosmo, che è un concetto infinito.

Un altro concetto di base è che l’essere umano è visto costantemente in movimento. Di conseguenza emerge una domanda: “Dove sta andando?”. Se noi sappiamo dove una persona sta andando, possiamo capire perché si sta muovendo in quel modo. Pertanto la Psicologia Individuale aderisce al principio di affinità, espresso nel concetto di meta.

La meta presenta un punto iniziale all’interno di una combinazione di fattori che appartengono alla prima infanzia. Nell’ambito dei fattori ereditari e delle migliaia di impressioni fisiche che riceve dall’ambiente (persone e luoghi), dalle influenze climatiche, culturali e sociali, il bambino crea il suo modo unico di sopravvivenza e di sviluppo. II caso vuole che egli non stia soltanto percorrendo la sua strada, ma che si protegga o si difenda in modo unico in accordo, come dice Adler, con il suo stile di vita.

In Psicologia Individuale è fondamentale il concetto di potere creativo. E’ attraverso il suo potere creativo che il bambino cerca di trovare la sua strada in un mondo sconosciuto, nel quale deve ritagliarsi il suo spazio e sviluppare il significato da attribuire a se stesso. A prescindere da ciò che è innato e da ciò che è situato al di fuori di lui, l’individuo a un’età precoce crea la propria meta personale che, da quel momento in poi, determinerà le sue azioni, pensieri e sentimenti. Soltanto se la sua meta personale è in sintonia con il significato che egli dà a se stesso, è in grado di sviluppare una personalità integrata che potrebbe corrispondere al concetto di meta globale.

All’opposto egli potrebbe diventare sempre più individualista, invece di svilupparsi nella direzione dell’appartenenza ad una entità più grande. Potrebbe ricercare il suo sviluppo al di fuori di “un tutto”, attraverso un completamento individuale, dove il prestigio personale conta di più del progresso collettivo. Il significato di un individuo esiste soltanto se appartiene ad un tutto. L’individualismo porta all’isolamento che, rappresenta l’inizio dell’atteggiamento nevrotico.

Nella Psicologia Adleriana l’individuo è concepito come essere sociale, e viene valutato nel suo modo di vivere e collaborare con i suoi simili, nell’ambito dell’amicizia, dell’amore e del lavoro.

Ogni azione ha una finalità, e sia l’azione che la sua assenza caratterizzano l’individuo. Se egli ha capacità che non ha sviluppato o che non usa, la sua mancanza di azione è tipica del suo stile di vita. Il principio di base è: l’utilizzo è più importante del possesso.

Secondo Adler non esiste soltanto un modo per utilizzare ciò che si possiede; la capacità creativa non è limitata soltanto a ciò che è innato o al di fuori di se stessi. L’individuo ha la possibilità di scelta, in quanto egli è in grado di ragionare. Se non ci fosse la possibilità di scegliere, l’individuo sarebbe inesorabilmente assoggettato all’ereditarietà, all’ambiente e alle migliaia di fattori che influenzano la sua vita. Egli sarebbe interamente soggiogato e non potrebbe utilizzare il suo potere creativo. Qualsiasi cosa volesse fare, sarebbe determinata dal fato. Però, quando noi osserviamo la vita così come si presenta, realizziamo che l’essere umano è in grado di trasformare il negativo in positivo, e può scegliere, nell’ambito di tutte le possibilità che gli si offrono, sia il versante positivo che negativo della vita. Al fine di giustificare la sua scelta sul versante negativo, è importante che egli non capisca ciò che sta facendo, in modo che “inconsciamente” possa continuare a perseguire la sua meta personale. Invece di parlare di istinti oscuri per i quali non si è responsabili, di inconscio e subconscio, Adler ha coniato il termine “non conosciuto”.

Come logica conseguenza la Psicologia Adleriana usa la tecnica della tolleranza, della pazienza e dell’incoraggiamento. L’insicurezza dell’adulto e i suoi sentimenti di inadeguatezza non sono molto diversi da quelli di un bambino.  Entrambi affrontano difficoltà alle quali non sono preparati.  Nulla può essere oggettivamente difficile, e definiamo una cosa difficile quando non sappiamo che cosa fare. Se non facciamo assolutamente nulla trasformiamo una difficoltà in un problema. Tale responsabilità di solito sembra troppo grande da accettare, e per molte persone questo rappresenta il punto cruciale che favorisce l’insorgenza dei sintomi nevrotici.

Dal momento che l’individuo è un essere sociale, egli non potrebbe sopravvivere da solo o raggiungere l’attuale livello di civilizzazione, ma riceve costantemente gli strumenti e i valori dagli altri ed è, nel contempo, responsabile dei suoi simili. Secondo i principi Adleriani l’umanità lotta per raggiungere la perfezione. L’individuo, essendo parte del genere umano, ha questo desiderio ma, nel contempo deve accettare la propria imperfezione. Lottare per raggiungere la perfezione accettando la propria imperfezione porta al miglioramento e l’essere umano è sulla “strada giusta”.

Originariamente pubblicato su “IndividualPsychologyBulletin” Vol. 9, 1951